Belin siamo nel pieno del fine settimana più quotato dell’anno: il ponte di Ognissanti. Quindi, cosa fare se non cimentarsi in un bel giro al Cimitero Monumentale di Staglieno? È un must di stagione! Non potete perdervi la storia della Caterina Campodonico e della sua statua!

Ogni genovese, nato e cresciuto nel capoluogo ha passato almeno una lunghissima mattinata in gita scolastica a visitare il Cimitero Monumentale di Staglieno, guardando disperatamente la navetta per accorciare i percorsi in salita e il giro tra tutte le tombe. Qualcun’ altro magari ha avuto occasione di visitarlo per ragioni meno turistiche…ma si tratta pur sempre di uno dei luoghi più affascinanti della città.




Per quanta memoria storica locale e religiosa sia conservata nei sepolcri di personaggi noti che hanno fatto la storia della nostra terra e nazione e non solo, il cimitero offre anche una buona base di storie seriamente genovesi.

Tra la moltitudine di statue originate dalle mani di scultori noti e meno noti, che ritraggono volti giovani ed angelici o simboli di morte, e corpi velati, vi è la rappresentazione a 360° di una scignöa che a l’é proprio zeneize: Caterina Campodonico

caterina campodonico statua staglieno mugugno genovese

Statua di Caterina Campodonico. Credits: Unsplash

La statua, realizzata dal noto scultore dell’epoca, Lorenzo Orengo nel 1881, era stata commissionata dalla stessa Campodonico. La statua rappresenta la donna anziana, con una collana di noccioline e canestrelli, a simboleggiare la sua vita umile, spesa a fare la venditrice di questi prodotti dell’entroterra ligure e piemontese.

Ma alua, còmme a l’é che la Campodonico a l’é coscì tanto famosa?

Basta leggere cosa riporta Gian Battista Vigo nell’epigrafe in zeneise:

A sôn de vende reste e canestrelli

all’Aeguasanta, a-o Garbo, a San Ceprian

con vento e sô, con ægua zù a tinelli,

A-a maè vecciaia pe asseguaghe un pan.

Fra i pochi sodi, m’ammuggiava quelli

pe tramandame a-o tempo ciù lontan

mentre son viva, e son vea portolianna

Cattainin Campodonico (a paisanna)

In questa màe memoia, se ve piaxe

voiatre che passae pregheme paxe

Si narra, infatti, che la donna, “Catteinin”, dopo una vita passata in condizioni estreme, lavorando sotto il sole o con il vento e la pioggia a catinelle, per guadagnare il minimo per campare, avesse accumulato una piccola fortuna che, ormai in età avanzata, aveva visto minacciato dai suoi eredi. Ed è da qui, che la donna decise di usare tutti i suoi risparmi per commissionare l’opera, chiedendo così ai passanti che l’avrebbero vista, di pregare per lei.

Per usare una citazione dei nostri tempi, Caterina deve aver detto ai suoi parenti poco amorevoli che la “torta di riso era ormai finita”! 

Tou lì! Se vedemmo figgeu!