Soldati Corsi e Banditi nella Fontanabuona

Articolo di Mattia Solari

Nel 1575 scoppia una guerra (perchè maniman che ce ne stiamo un poco tranquilli noialtri) tra i Nobili di Portico Nuovo (coloro che hanno avuto recentemente la nomina) che desideravano portare i nobili ad un solo ordine gerarchico e i Nobili del Portico vecchio (coloro che vantavano una nobiltà antica) che invece preferivano governare mantenendo due classi nobiliari (i “Popolari” e i “Nobili”) e la riviera di Levante è il principale teatro degli scontri anche se, oggettivamente, non vi furono grandiose e spettacolari battaglie, ma qualche piccola scaramuccia.

Nel 1576 si conclude con l’accordo di Casale questa guerra civile che non vede grandi cambiamenti all’assetto politico genovese, ma non è questo il punto. Nel 1577 si ristabilisce l’ordine preesistente, e quindi il territorio è diviso in vari Capitaneati che sono al comando del Capitano del popolo, al di sotto di loro si trovano i Podestà delle varie cittadine più piccole. Quindi questi personaggi tornano a fare il loro mestiere e sembra che vada tutto bene. Tranne a Chiavari. Il Capitano di Chiavari nota subito un leggerissimo problema nel suo Capitaneato, che all’epoca comprendeva gran parte della Val Fontanabuona: l’ordine cittadino e le leggi della Repubblica pareva finissero alle porte della città, oltre a quelle, il delirio.

Andiamo con ordine:
Finita la guerra civile non finirono le schioppettate nella Fontanabuona, diciamo che se ne approfittò e la gente del luogo cominciò a sistemare alcuni vecchi conti. Queste persone formavano le “Parentele”, che non erano ne più né meno che delle famiglie che ricalcavano le organizzazioni dei clan scozzesi. I capitani di Chiavari dal canto loro non volevano immischiarsi e quindi facevano gli gnorri fino a quando non scadeva il loro mandato, il successore faceva uguale e così via e di conseguenza nella vallata i banditi (NB: per banditi non si intendono quelli del vecchio west che assaltano le diligenze, ma si intende “persone messe al bando dalla comunità”, il problema era che effettivamente al bando non ci andavano!) godevano di una specie di impunità e potevano tranquillamente fare ciò che gli aggradava. Tutto sembrava procedere per il meglio (si vabbè, si fa per dire…) finché alcuni gruppi di banditi (ma a sto giro di quelli veri, gli stradajoli) non scesero da Bargagli e cominciarono a fare il bello e il cattivo tempo, assaltando carovane, mercanti, poveri cristi che passavano di lì, eccetera, approfittando per l’appunto del fatto che bargelli, che non sono altro che ufficiali di polizia e i loro scagnozzi, i birri, non osavano avventurarsi nella valle poiché di solito o tornavano malconci o non tornavano affatto. A quel punto non si poteva rimanere fermi e quindi dalla Capitale si pensò di inviare delle compagnie di soldati Corsi, che all’epoca formavano praticamente il 90% dell’esercito genovese (e non si parla comunque di grandi numeri eh, non mi immaginate eserciti enormi…). Perché proprio i Corsi? Erano gente rozza, indisciplinata e poco di buono ma avevano il pregio di saper combattere e saper affrontare un nemico che combatteva con tecniche di guerriglia perché lo facevano già nella terra natia sparandosi tra un clan e l’altro.

La soluzione di inviare l’esercito sembrò l’unica fattibile, infatti le parentele, sembrerà strano, ma erano ben armate. Considerando che i capifamiglia di solito erano molto benestanti si cercava di armare al meglio i propri uomini e quindi si iniziò a formare un florido mercato di armi da fuoco, ma non quelle comuni, bensì quelle di ultima generazione: gli archibugi e pistole a ruota. Facciamo un passo indietro, perché immagino che non tutti abbiano pratica sull’uso delle armi da fuoco tra il XVI e il XVII secolo. In pratica l’arma maggiormente usata all’epoca era l’archibugio a miccia, dove una miccia accesa serviva a dare l’innesco della polvere messa nel bacinetto, la fiammata scaturita… se vabbè, un belino, faccio prima a farvelo vedere

noso da ricaricare, ma aveva un vantaggio enorme, non serviva andare in giro con una miccia accesa, poiché una ruota zigrinata azionata da una molla girava su una pirite creando la scintilla (tipo un accendino), quindi era più facilmente occultabile.

Bisogna considerare che c’erano fior fior di grida (si, come quelle del Manzoni) che proibivano l’uso di tali armi, infatti i bargelli spesso le sequestravano…. e ancora più spesso le rivendevano alle parentele. Altri bargelli invece agirono a fin di bene, armando alcune famiglie meglio di altre sperando che avessero il sopravvento e che si mettessero a collaborare con la giustizia. Cosa che puntualmente non accadeva.
In mezzo a questo bailamme aggiungiamo anche i Corsi che, come detto poc’anzi, erano veramente dei poco di buono, stupravano, assassinavano e rubavano. Immaginate la popolazione come era contenta. Faccio un esempio per tutti, era tradizione dei soldati Corsi fare la “serenata al capitano”, in pratica dopo aver abusato di alcolici scendevano in piazza e caricati gli archibugi cominciavano a sparare alle finestre, malmenare i passanti e toccare le donne, il tutto condito da canti, bestemmie e urla! Tanto erano problematici che gli Anziani (una sorta di consiglio comunale) di Chiavari scrissero al Senato: “Habino le Signorie illustrissime un pocho di pietà dei poveri suditi opressi dal mantenere tanti Corsi inutili et danosi (…) li richiamino , se hanno pietà in questi tempi turbolenti per carestie et altri infortuni alla infinita multitudine delle poveri.
Tra tutto questo arriviamo nel 1579, quando ci furono anche delle spedizioni dei banditi, che ormai a fare lo stesso lavoro degli stradajoli ci stavano prendendo gusto, verso Rapallo e Zoagli, dove un gruppetto prese una piccola imbarcazione e cominciò a fare atti di vera e propria pirateria sulle coste circostanti. L’8 di giugno dello stesso anno vi fu il primo e ultimo fatto d’arme che assomiglia più ad una battaglia che alla solita guerriglia: sulla strada dietro Pianezza (Frazione di Cicagna) una pattuglia Corsa stava risalendo le pendici del monte quando una quarantina di banditi la assalì, al primo scontro i Corsi caddero e i superstiti si ritirarono nel presidio di Pianezza, intervenne allora il Luogotenente del Commissario di Chiavari con mezza compagnia del Capitano Della Costa, e si lanciò all’assalto dei banditi. Vedendo la situazione ribaltata questi fuggirono e si sparpagliarono, tra una schioppettata e l’altra, su per il monte. Nonostante la fuga i Corsi gli rimasero alle calcagna e arrivati “presso la villa del Solaro” si trovarono davanti una gran quantità di contadini che li guardava male ed aveva evidentemente il belino inverso, di conseguenza i Corsi fecero marcia indietro e tornarono sui loro passi e i banditi (quelli che non erano diventati colabrodo) riusciro a sfuggire.
Arrivato a sto punto mi sto dilungando e ce ne sarebbe da dire, ma purtroppo non posso scrivere tutto. Come finì la faccenda? Dopo numerose spedizioni, storie simpatiche, fughe ed inseguimenti rocamboleschi stile cinema, dopo i Corsi che si facevano gli affari loro, dopo i banditi che si ammazzavano tra di loro e ogni tanto facevano il lavoro degli stradajoli perchè bisogna arrivare a fine mese! E dopo gli stradajoli, quelli veri, che anche loro ci misero il bel carico da novanta si arriva al 1580, quando ormai tra un’archibugiata e l’altra tanti banditi si volatilizzarono, altri cercarono fortuna in altre vallate e infine, per fortuna, Madre Natura ci mise una pezza facendo scoppiare un’epidemia di peste, che calmò gli animi e riportò un poco di ordine nel 1581. Anche se le parentele, con qualche morto ammazzato, hanno continuato ad esistere fino al ‘700.


Tratto da “I banditi della Fontanabuona” di O. Pessagno, atti della società economica di Chiavari 1939.
Se volete saperne di più cercate “Faide e Parentele”, di Osvaldo Raggio.

Articolo di Mattia Solari